Stage 16 - L'addio
L'albina aveva un pensiero fisso: dire la verità ai genitori e lasciarsi il tutto alle spalle.
Tuttavia volle aspettare per farlo poiché dipendeva tutto da cosa avrebbe detto e come.
Si riservò di pensarci bene fino alla sera del secondo giorno, quando era ormai quasi del tutto guarita dalle ferite riportate nello scontro con Kagami e le celebrazioni per il matrimonio erano nel pieno del loro svolgimento. Le nozze si sarebbero tenute in piazza, com'era da tradizione. Era già pronto il kimono e il copricapo tipici del matrimonio tradizionale giapponese. Quello stesso kimono, come sua madre le stava raccontando il giorno prima durante la prova di vestizione, fu indossato da lei durante il matrimonio con il marito. La donna era all'apice della gioia e le misurava il vestito con mani tremanti e cuore palpitante.
Mitsuki la fissò per tutto il tempo, chiedendosi se fosse davvero convinta di voler deludere quella donna così felice che l'aveva messa al mondo e l'aveva cresciuta. Dopotutto non voleva il loro male ma non poteva sposare un ragazzo che amava un'altra e lei stessa aveva un'altra persona nel suo cuore. Crogiolandosi tra i suoi pensieri vide apparire il volto della sua maestra e scosse il capo, arrossendo visibilmente.
Nonostante avesse ancora dolori in parti diverse del corpo, ormai stava già del tutto meglio e il ristorante era pieno di gente che andava e veniva con fare frettoloso. La cerimonia sarebbe stata un momento di gioia per tutto il villaggio per cui i vicini, assieme ad amici di amici, continuavano a venire per chiacchierare, portare vivande e regali, aiutare con l'allestimento.
Mitsuki non poteva pensare di mandare all'aria su due piedi qualcosa di tanto importante, per cui decise di studiare un piano strategico. Se doveva cancellare il suo passato tanto valeva farlo con stile.
Al momento della cena decise di mangiare a stento per dar l'idea di essere preoccupata per qualcosa e per attirare l'attenzione del padre. Ultimamente quell'uomo sembrava che la ignorasse completamente, forse perchè sapeva che sua figlia non voleva quel matrimonio e si sarebbe potuta ribellare. La madre, invece, le stava sempre accanto, aiutandola per quanto poteva.
Non era ancora sicura se suo padre lo stesse facendo per il bene del ristorante o per il suo, voleva assolutamente saperlo. Tuttavia, immersa nei suoi pensieri e nella concentrazione per il piano studiato la sera prima, venne presa alla sprovvista dal padre che le si era avvicinato per prendere il contenitore del sale che, probabilmente, le stava chiedendo da un po'.
-Sei sorda? Cos'hai, stai poco bene?- chiese, notando inoltre che la figlia indugiava sul cibo come se fosse ancora convalescente. Mitsuki si trattenne dal sorridere, era giunto il momento di iniziare.
-Vorrei sapere una cosa.- rispose l'albina. Il padre inarcò un sopracciglio mentre la madre chinò lo sguardo, sembrava che si aspettasse che prima o poi la figlia avrebbe iniziato a discutere sull'evento.
-Questo matrimonio è davvero per il bene del ristorante?- chiese, diretta.
Suo padre non rispose ma l'albina se lo aspettava. Conoscendolo, sicuramente pensava fosse inutile risponderle e darle ulteriori spiegazioni rispetto a quelle già fornite nei giorni precedenti. In compenso fu Sora ad aprir bocca per prima.
-Se Azumaki-san diventerà socio, potremmo pagare il debito e...-
-ma non serve ch'io sposi suo figlio per diventare soci. Si potrebbero mettere in affari anche senza di noi.- obiettò la ragazzina.
-Anche se fosse, cosa cambia?- chiese Tatsuya, serio. -Il matrimonio è una buona soluzione, Sato è un buon partito per te.- concluse, alzandosi da tavola con evidentemente nervosismo. Mitsuki lo fissò quasi con rabbia che tuttavia riuscì a scemare. Stava dicendo ciò che si aspettava.
-Non è che Azumaki-san vuole solo piazzare Sato con me perchè non gli va a genio la sua attuale fidanzata?- chiese, con arroganza. Sora la fissò a bocca aperta e sul volto di suo padre si dipinse un'espressione colma d'ira.
-La sua attuale fidanzata?- ripeté sua madre, voltandosi verso il marito -Sato è fidanzato?-.
Tatsuya, di tutta risposta, sbuffò.
-Si, ma quella ragazza non è davvero adatta, secondo Jun-san.- spiegò Tatsuya -...il quale è sempre stato un tradizionalista dei peggiori.-
-...capisco, dopotutto gli Azumaki son ben piazzati nell'economia di Gensokyo, con la drogheria...- Sora chinò lo sguardo. Mitsuki sapeva quanto fosse sensibile sua madre e ipotizzava che probabilmente si era intristita alla notizia del fidanzamento negato a causa delle condizioni sociali di quella povera ragazzina tanto amata dal giovane Azumaki.
-Purtroppo non sono affari miei se Jun-san è così duro riguardo certe tradizioni.- continuò il padre, tornando a fissare Mitsuki che aveva sospettato tutto sin dall'inizio: conoscendo la famiglia Azumaki, che si mostra così bene e con un elevato rango, quella ragazza non molto bella e non vestita in modo pregiato doveva rappresentare un'onta per la loro nuova generazione. -per Sato preferisce un partito migliore e dovresti essere fiera che abbia accettato il fidanzamento con te.-
-Mi stai dicendo che la nostra posizione è migliore di quella della ragazza? Non noto le differenze.- chiese l'albina, sbuffando.
-Vorresti mettere la figlia di un contadino con i proprietari di un noto ristorante? Forse non ti rendi conto che in questo minuscolo villaggio il White-Dream Restourant è davvero rinomato nonostante ce ne siano un altro paio ma poco conosciuti e frequentati rispetto al nostro.- disse l'uomo, offeso e adirato. Senza più proferir parola, si voltò e fece per andarsene.
-Aspetta!- l'albina si alzò e si affrettò a raggiungerlo -I problemi di Jun-san non sono i nostri! Perchè ci dovrei andare anche io di mezzo?- chiese, confusa. Il padre le lanciò un'occhiata poco rassicurante. -Se io fossi già impegnata non accetterebbe di diventare socio solo perchè non è riuscito a piazzare Sato? Che spiegazione è mai questa?-.
-No, Jun-san avrebbe accettato comunque di diventare socio, non avrebbe messo in discussione il tuo ruolo in questo accordo.- disse, infine, ma la ragazza ancora non capiva.
-E allora perchè lo sto sposando?- chiese ancora.
-...Non mi pare tu sia occupata, dopoutto.-
Mitsu chinò il capo, pensando a Marisa-sensei.
No, non era evidentemente occupata, anche se avrebbe voluto.
-Non potete saperlo.- disse, infine. Suo padre si voltò, tornando a fissarla in viso.
Sora alzò il capo e la squadrò come se lo sospettasse già.
-Chi è costui?- .
Mitsuki non sapeva cosa rispondere. Dopo che suo padre aveva specificato chiaramente il "lui" non poteva certo uscirsene col nome di una ragazza. Cosa avrebbero pensato? -Quest'uomo ti ricambia? Ti rispetta? E' un buon lavoratore intenzionato a sposarti, mantenerti e mantenere alto il nome della nostra e della sua famiglia?- chiese ancora.
L'albina voleva sprofondare: anche se si fosse messa con Marisa come sarebbero andate le cose? Che futuro le poteva darle una maga con manie da cleptomane? Sicuramente era molto forte e conosciuta a Gensokyo, però non era chissà che ottimo partito, almeno non poteva esserlo per i suoi genitori. Ma soprattutto... c'era davvero un futuro tra le due?
Restò in silenzio.
-A quanto pare no.- concluse suo padre. -allora sposerai Sato e la questione è chiusa.- affermò il padre. La questione era chiusa, certo, ma non per Mitsuki.
-No! Non è giusto che solo perchè non sono impegnata con qualcuno in modo serio debba sposarmi così all'improvviso con un uomo che non mi ama nemmeno!- sbottò furiosa.
-Imparerà ad amarti, Sato è un bravo ragazzo e alla fine si deciderà a rispettare i doveri matrimoniali.-
-Non m'importa! Non voglio sposarlo! Voglio conoscere un'altra persona che voglio amare davvero e che un giorno mi sposerà!- continuò l'albina.
-...Sei davvero così ottimista?- chiese il padre. Mitsuki si accigliò. -A parte gli youkai, hai dimenticato com'è la tua reputazione qui al villaggio?-. Sora fece per intervenire ma lui la fermò. -I ragazzi di buona famiglia che hanno la tua età sono quasi tutti impegnati. Gli altri, avranno delle ripercussioni dai loro genitori riguardo l'incidente accaduto quando avevi quattro anni. Altri ancora saranno legati al sindaco e, eventualmente, a Kaname, che ben sai quanto ti odia.- in quel momento l'albina iniziò a comprendere cosa voleva farle capire suo padre. -credi davvero di riuscire a piazzarti con un buon marito? Le probabilità sono molto poche e, inoltre, non sei nemmeno esperta in certe cose. Il mio compito di padre è vederti sposata con un buon uomo, fedele e doveroso nei confronti della sua consorte e del matrimonio.-
L'albina sorrise. Era un buon padre dopotutto però non condivideva la sua decisione. Non le importava di piazzarsi al villaggio poichè se si fosse sposata l'avrebbe fatto con Marisa o con qualcuno che avrebbe amato fuori da quella prigione. Del villaggio non le importava più nulla, a Gensokyo c'era molto altro oltre a quel minuscolo luogo dove vivevano raggruppati tutti gli umani.
-Spero tu abbia capito.- disse infine l'uomo. Sora sospirò, probabilmente era già a conoscenza delle intenzioni del padre e sicuramente le condivideva. Sapeva quanto sua madre le volesse bene.
Ma, alla fine, il piano stava andando avanti. L'albina abbozzò un sorriso, sapeva di essere crudele, di essere sul ciglio di un burrone, ma sapeva di essere in grado di volare e sapeva anche che tutti ignorassero la sua abilità. Ormai si avvicinava la fine di quella maledetta storia e alla ragazza non poteva che far piacere.
-Non mi sposerò.- dichiarò lei, aggiustandosi i capelli con fare ingenuo. Attese la risposta del padre, già pronta a contrattaccare.
-Dovrai ubbidirmi.-
-Non importa. Tanto, se non potessi fuggire, verrà la mia maestra a prendermi.- era una menzogna, non poteva saperlo anche se, conoscendo Marisa-sensei, non era da escludere. Anzi, ripensandoci sicuramente sarebbe apparsa per reclamare la sua allieva che doveva fare le pulizie in quella casa disastrata... se non ci fosse lei chi le poteva fare? Ricordò nuovamente quando mise piede in quella casa per la prima volta: libri sparsi ovunque assieme a manufatti e oggetti assurdi, polvere e ragnatele qua e la. La cucina e la stanza da letto erano più pulite ma ugualmente in disordine. Dovette lavorare due giorni per far brillare quel luogo.
Tatsuya e Sora la fissarono perplessi.
-La tua maestra?- chiese la madre, che non capiva.
-Certo, Kirisame Marisa.- rivelò, con un ampio sorriso stampato sul volto. Notò lo strano cambiamento di espressione sul viso dei suoi genitori. Marisa, dopotutto, era abbastanza conosciuta.
-...la Maga bianca e nera che vive nella foresta?- domandò scioccata sua madre -ma cosa centra lei con te?-
-Oh ma io sono sua allieva, un'apprendista Magician. Ormai è quasi un anno.- raccontò fieramente, fingendo di contare il tempo sulle dita della mano.
Suo padre la fulminò con lo sguardo.
-E' da lei che andavi sempre? E' da lei che stavi? Quindi non esiste questa fantomatica amica tanto malata! Ci hai mentito!- esclamò, furioso.
-Mi spiace... ma dovevo farlo.- rispose l'albina, recitando la parte di una persona costretta a mentire. La teatralità della risposta era palesemente intuibile. - era una cosa segreta, sapete.-
Tatsuya scosse il capo, furioso. -con la figlia dei Kirisame è incredibile. Ci potrebbero essere grossi guai!- affermò suo padre.
-Ma scusa, questo cosa centra?- chiese l'albina con sguardo interrogativo, tuttavia la madre si era alzata e si era avvicinata al marito.
-Aspetta, Tatsuya! Potrebbe essere un'occasione! Magari Se sapesse che nostra figlia frequenta la sua potrebbe non so... darci più opportunità, ecco!-
-E' andata via da casa molto tempo addietro, non sappiamo se suo padre è furioso o meno con lei!- disse.
-Ehi, non sto capendo nulla...- affermò l'albina, confusa. Suo padre si voltò verso la ragazzina.
-Se sapesse che sei allieva di sua figlia potrebbe provare del rancore o qualcosa del genere e costringerci a saldare il debito.- concluse.
Mitsu si accigliò. Sapeva che la sua famiglia aveva un debito da saldare ma non sapeva con chi.
-Precisamente. Abbiamo chiesto dei soldi al proprietario di una bottega molto frequentata e conosciuta. Inoltre, il proprietario, è molto importante e gestisce quasi tutta l'economia del villaggio. Il suo nome è di fama e conosciuto.- continuò a spiegare l'uomo -si tratta di Kirisame-san.-
Mitsuki si portò le mani nei capelli per lo stupore. Aveva previsto ogni cosa meno che quella rivelazione. Avevano chiesto soldi al padre della sua sensei?
-Ad ogni modo non dovrai più vedere quella ragazza e dovrai smettere di fare la maghetta.- disse suo padre, molto nervoso.
L'albina scosse il capo per ribattere ma anche la madre la strinse a sé e le disse quelle stesse parole, con più tristezza e ansia del padre. La ragazzina non capiva perchè i suoi genitori fossero così riluttanti all'idea che Mitsuki fosse una maga, probabilmente erano preoccupati del debito con il padre di Marisa. Cosa poteva fare per risolvere quella situazione?
Lasciò che la discussione cadesse lì, con suo padre che le raccomandava di non fare sciocchezze e di lasciar perdere la vita da maga per una vita più salutare come moglie e madre. L'albina non si curò di ciò che disse dopo poichè stava già pensando a come andare avanti con il piano.
Quel pomeriggio l'albina incontrò Hana. Per evitare che fuggisse nuovamente non le fu permesso di allontanarsi dal ristorante e l'amica dovette raggiungerla lì e si fermarono a chiacchierare sul muretto del giardino, discutendo per molto tempo sul piano e sulle sue intenzioni.
-Fa ciò che ti senti, stupida.- le disse Hana, sorridendo. -Anche io voglio fare ciò che mi sento ma... non ho il coraggio.-
L'albina la fissò perplessa.
-Cosa ti senti?- le chiese, ma Hana scosse il capo, cambiando discorso.
-Allora... domani parteciperò alla cerimonia e ti renderò quella cosa. L'effetto scenico sarà garantito!- disse, ammiccando. L'albina rise, osservando le stelle che pian piano si mostravano nel cielo notturno.
-Nee Hana... io non posso muovermi da qui ma... vorrei che tu mi facessi un altro favore...- chiese la ragazzina, stringendo la mano dell'amica.
-Ma sicuro.- rispose, annuendo con il capo. -Fare qualcosa di diverso dalla vita che già faccio...mi rende felice.- spiegò. Per un momento l'albina si rivide in quello sguardo e in quei pensieri. Anche Hana sognava di cambiare il suo destino? Avrebbe voluto portarla via e farle vedere Gensokyo nella sua bellezza, oltre quel villaggio. Giurò a sé stessa che un giorno l'avrebbe fatto. -E poi... ho un debito da saldare.- disse ancora.
-Debito? Anche tu?- esclamò l'albina -No, basta debiti, non ne posso più!- continuò. L'amica rise.
-Beh... devo ripagarti vent'otto giorni di prigione.- disse, issandosi e pulendosi il fondo schiena dalla polvere. Mitsuki la fissò con dolcezza, sentiva di avere quasi le lacrime agli occhi.
-Nee, Hana... hai presente il Kourindou?-
Quella notte l'albina non riuscì quasi a dormire. Scese per prendere l'acqua e notò i suoi genitori intenti in un'accesa discussione nell'ala est del ristorante. Decisa ad ignorarli, si voltò e fece per andarsene quando alcune parole non la obbligarono a fermarsi per ascoltare di più.
Sentì chiaramente sua madre dire qualcosa come “Le sta succedendo quello che avevamo temuto!” perciò decise di scendere dalle scale e di posizionarsi dietro la porta per non farsi vedere. Non capiva cosa stava succedendo e voleva avere delle risposte.
-Non c'è molto da fare, Sora. Assicuriamoci che domani sposi Sato e non succederà più nulla.- risuonò la voce burbera del padre.
-Ma se ne frattempo avesse appreso dei trucchi?- chiese la voce preoccupata della madre.
-Conosci quella ragazzina, non sarà andata molto lontano, sta tranquilla.-
L'albina si morse le labbra.
-Ho paura, ce la porteranno via!- disse la voce triste della madre -Quando ho saputo ho cercato in tutta la soffitta ma non ho trovato quell'oggetto!-
-Sicura di non averlo semplicemente riposto in un altro luogo?-
-Ne sono sicurissima, era nascosto molto bene per evitare che venisse trovato...- sentì il rumore di una sedia, probabilmente qualcuno si era seduto. -Oh, Tatsuya... cosa facciamo? E se l'abbia trovato lei?-
-Dobbiamo cercare nella sua stanza, se lo troviamo lo buttiamo via. Quell'oggetto maligno non deve stravolgere la vita di Mitsuki.-
L'albina cercò di collegare le parole dei genitori. Parlavano di un oggetto nascosto in soffitta che adesso non c'era più. Non riuscì a pensare se non a due cose: Il libro di magia e il Melodic Prism. Se si parlava di oggetti, doveva trattarsi del ciondolo. Ma perchè ne avevano tanta paura? Questo spiegherebbe come mai fosse nascosto così bene.
-Sarà colpa di quella donna.- disse la voce del padre. -Ci aveva avvisato e gettato nel tormento quando era nata e adesso verrà a reclamarla o cose così.-
Mitsuki si grattò il capo perplessa. Quale donna? Perchè doveva reclamarla? Cosa centrava con il Melodic Prism? Troppe informazioni, tutte nella notte precedente al suo matrimonio. Eppure quella discussione era davvero assurda.
-Non aveva detto una cosa simile ma sapeva che avrebbe avuto a che fare con la magia, per questo abbiamo fatto di tutto per lei, per evitare...- la voce della madre sembrò spezzarsi dal dolore.
-Sora, domattina perlustrerò la sua stanza mentre tu e tua cugina la vestite nella saletta, così vedrò se trovo l'oggetto.- disse, con sicurezza.
La discussione finì con quelle parole poiché la madre era davvero a pezzi. L'albina si issò e scivolò di corsa nella sua stanza, prendendo il Melodic Prism e infilandoselo nell'intimo. Non poteva permettere che lo trovassero e, dato che avrebbe indossato la stessa fascia, lo infilò all'interno e lo strinse sul petto, sperando non si notasse.
Il giorno dopo c'era una confusione davvero insopportabile a causa del via vai delle persone. L'albina si svegliò con tranquillità, fece colazione e fu letteralmente trasportata da sua madre e sua zia di secondo grado in una saletta per la vestizione. Sapeva che suo padre stava perlustrando la sua camera e fu sollevata di essersi nascosta il ciondolo nella fascia sul petto e di aver consegnato il fagotto ad Hana la sera prima.
Il Kimono era di un rosso acceso, decorato da fiori variopinti e ghirigori che lo rendevano più sfarzoso di quanto già non fosse. La madre poté notare come l'albina non obiettava in alcun modo a quello che sapeva considerasse un'ingiustizia. Fu probabilmente sollevata e la tristezza diede nuovamente spazio all'emozione poiché sul suo volto era stampato un sorriso ansioso e continuava a baciare la figlia con immensa gioia.
Quant'era crudele quella ragazzina, sapeva che li avrebbe distrutti entrambi eppure era ciò che voleva. In quel momento si sentiva conscia del proprio potere e di ciò che era in grado di fare.
Non obiettò quando la truccarono e nemmeno quando le infilarono il copricapo. Pensando e ripensando, lasciando che gli altri lavorassero su di lei, il tempo era passato velocemente e già si apprestavano ad uscire dal ristorante.
Nonostante la cerimonia dovesse essere tradizionale, si svolgeva in prossimità del sindaco in piazza, davanti al tempietto. Mitsuki pensò che al suo vero matrimonio preferiva fosse Reimu a sposarla e sicuramente avrebbe voluto indossare un abito bianco di tradizione occidentale come si vedevano sui libri.
La gente parlava emozionata, la madre accompagnava la figlia con orgoglio e l'albina lasciò scivolare tutto senza la minima preoccupazione, così che nessuno si potesse accorgere di nulla, camminando verso la piazza assieme ai genitori e a famiglie di amici e curiosi. Il suo sguardo riconobbe Hana in mezzo alla folla, la quale era seria e annuì con il capo.
Stava andando tutto bene.
Fu quando vide Sato, vestito di un kimono nero con strisce bianche e i capelli raccolti secondo la tradizione, che capì fosse quasi ora. Il suo sguardo era triste e spento, come se avesse sperato fino alla fine che Mitsuki avrebbe fatto qualcosa per impedire quel destino così ingrato. Tuttavia doveva aver capito che Mitsu non sarebbe riuscita a salvare la sua sorte nemmeno essendo una Magician.
Si sbagliava.
Arrivò accanto a lui, davanti al sindaco e alle persone che erano riunite per il matrimonio. Erano in molti, un matrimonio in quel piccolo villaggio era comunque un avvenimento molto importante e la gente amava seguirlo.
Quando ci fu silenzio e gli sposi dovevano inginocchiarsi, fu Mitsuki che, sorprendendo tutti, iniziò a parlare allo "sposo".
-Non c'è bisogno che ti inginocchi- gli disse. Sato la fissò, sconcertato. La gente era alquanto incredula per come la ragazza, sfacciatamente, avesse interrotto la cerimonia.
Mitsuki si voltò verso la gente. -E non c'è bisogno che nessuno di voi resti qui, non ci sarà nessun matrimonio da osservare.-. Il suo sguardo si fermò sui genitori, notò che Tatsuya la fulminò con uno sguardo furioso. Sora invece era incredula.
Sorrise.
-Cosa stai dicendo?- chiese il sindaco, l'uomo brizzolato con un occhialino che si trovava accanto a Sato. L'albina si voltò verso di lui e fece una smorfia. Quell'uomo era il padre di Kaname, non l'aveva mai sopportato.
-Dico che non sposerò questo ragazzo. Lui è già fidanzato e la sua ragazza sarà sicuramente una brava moglie e madre perchè lo ama.- i presenti sussultarono e l'albina senti un brusio diventare sempre più forte.
Jun Azumaki, infuriato per l'accaduto, si avvicinò ai due.
-Cosa stai dicendo? Non vuoi forse obbedire a tuo padre? Come puoi permetterti di mancargli di rispetto in questo modo scandaloso?- chiese, puntandole contro il dito. L'albina lo fissò sott'occhio.
-Mi permetto perchè questa storia non è più affar mio!- disse, sicura di sé. -Sato sposerà la donna che ama e io me ne torno dalla mia sensei a prendermi danmaku addosso!- disse alla folla con fare teatrale, con le braccia aperte e camminando lentamente sul posto. -Hana, Let's Start the game!- urlò l'albina, ammiccando.
La bellissima ragazza dai capelli corvini si avvicinò con un ampio sorriso e visibilmente emozionata, le lanciò un fagotto di stracci che Mitsuki afferrò al volo.
Con rapidità levò gli stracci mostrando la sua fida scopa con il fiocco rosso in cima. Quella scopa era davvero importante per lei poiché gliela regalarono i suoi migliori amici.
La folla levò un brusio più confuso e sembrava essere davvero incredula.
-Cosa...?- Jun non riuscì a parlare, fissò dapprima la ragazzina e poi la scopa con sguardo incredulo e adirato.
L'albina si levò il copricapo e lo lanciò via con gesti scenici, si passò la manica del kimono sul viso per levarsi il trucco e si slacciò l'abito, rivelando il vestitino rosa che le era apparso addosso dal nulla. Sorrise tra sé e sé, se ci fosse stata Natsu avrebbe potuto dirle che finalmente sapeva come cambiarsi d'abito con la magia.
Sotto lo stupore della gente saltò sulla scopa che si librò in aria.
-Oh, per quel fatto è tutto apposto, sta tranquilla!- le disse l'amica, annuendo con il capo.
L'albina sorrise nuovamente e si voltò verso Sato.
-Combatti con tutte le tue forze per ottenere ciò che vuoi.- gli disse. Il ragazzo, avendo notato la sua amata che si era fatta spazio nella folla, si lanciò da lei e la abbracciò con amore.
-Grazie!- dissero all'unisono.
L'albina annuì, era quello il trionfo dell'amore che aveva sempre letto nei libri.
Sentiva il suo cuore battere di felicità, sentiva anche i loro sentimenti così potenti da vincere ogni cosa. Era una di quelle storie scontate sull'amore e sulla pace o era la realtà?
A chi importava, dopotutto? L'importante era che adesso sarebbero stati felici.
Fece il segno della vittoria, con un sorriso sgargiante degno di Marisa e salì più in alto con la sua scopa quando sentì la voce di suo padre tuonare sopra le altre:
-Se vai via non potrai più tornare a casa. Non ci sarà più nessuna casa per te e nemmeno il nostro cognome.-.
La confusione aveva raggiunto livelli incredibili, l'albina non si curò nemmeno di osservare la folla o il suo stesso padre. Si limitò ad alzare le spalle.
-Poco male.-
Recitava la parte della menefreghista, della ragazzina ribelle che vinceva contro le ingiustizie, eppure non avrebbe voluto sentire quelle parole anche se d'altronde erano necessarie.
Come Marisa fece a suo tempo seppur conservando il suo cognome, anche lei stava iniziando una nuova vita lasciandosi alle spalle il suo passato.
Si allontanò velocemente svanendo oltre l'orizzonte e diretta alla Forest of Magic.
Aprì la porta di casa, ansimando per la stanchezza e gettando a terra la scopa. Crollò in ginocchiò, il corpo le doleva ancora e la fatica di quell'evento le costò un grande sforzo.
-so...sono a casa....- urlò, nella penombra della casa.
-Oh, finalmente.-
Una figura femminile con un libro in mano si affacciò dalle scale e le venne incontro.
Sorrise.
-Bentornata da zé.-